sabato 12 maggio 2012

Parole: "felicità"

Ieri Al ha portato in ballo la Parola "felicità". Non so se ne fosse consapevole, ma questa Parola va direttamente al cuore del problema delle Parole. Pensate a un mondo di animali vocianti ma non parlanti, magari animali di gruppo come i cani e le scimmie, e immaginatevi di dover definire cosa è la felicità per loro. Il compito è abbastanza semplice, chi ha un cane sa come farlo felice. La felicità, per animali del genere, è legata al soddisfacimento dei bisogni primari e quindi alla qualità dell'ambiente che li ospita. Negli animali di gruppo la felicità è anche funzione del temperamento di base, quello creato dal dna, dell'animale e del giusto posto sociale dell'animale stesso: esistono temperamenti dominanti e temperamenti subordinati, e il benessere dell'animale sta nel vivere il proprio ruolo armonicamente con il proprio status biologico. La felicità, nel  gruppo di animali senza parola,  assume carattere quasi oggettivo.
Ma pensate ora a una coppia di supercervelli - rispetto a quello di un cane - vaganti in un paradiso terrestre apparecchiato apposta per loro, e immaginateli parlanti. Che succede inevitabilmente? Uno di loro si annoia - un supercervello ha bisogno di esercitare i propri neuroni -  e disobbedisce al capo mangiando la mela della conoscenza. Quel tipo di mela non esiste senza la Parola. Immaginatevi Adamo ed Eva che litigano: non solo ringhi e risse ma anche argomentazioni, e può vincere il più abile, non il più forte. Si sono giocati la felicità oggettiva, in questo modo, e hanno complicato la loro vita.
E soprattutto hanno creato una domanda; quale scuola per i miei figli? (salto troppo brusco. forse, ma Al e gli altri due lettori che mi seguono sono abbastanza intelligenti per capire)
Ci arriveremo, alla Parola "scuola", ma non subito. 
Non ho ancora risposto in modo completo al commento di Al, per dirne una. Ecco Al, le personalità sfigate o creative hanno  spesso una base biologica dominante  - io per esempio lo sono, molto - ma in loro la dominanza non si esprime nella sopraffazione dell'altro ma nella resistenza all'ipnotismo del dominante non creativo di turno. Poco ipnotizzabile, poco omologabile, poco assogettabile, gente che non fa tendenza. Ma che crea Parole diverse.
Perchè a volte il creativo non è felice? perchè a volte non trova con chi  scambiare pensieri e impressioni, chi oggettivizzi le sue Parole e la sua esistenza,  perchè anche lui ha bisogno di un gruppo amico, e allora si sente solo e vive la sua  diversità con disagio.
Ecco perchè la scuola è importante. (quest'ultima frase me la potevo risparmiare. ma c'entra, fidatevi)

3 commenti:

  1. Poichè sono le interazioni dirette non solo univoche ma anche pluridirezionali che consentono l'identificazione di un gruppo, allora lo ..."scambiare pensieri e impressioni...", ovvero il comunicare, è una sua esigenza primaria. Ma il comunicare è anche lo strumento principale per asservire il gruppo alle proprie esigenze ... arrivando così al concetto di "capo" o "padrone" o ... tutte PAROLE per definire UNO del gruppo in contrapposizione a tutti gli ALTRI. Spesso, anzi quasi sempre, in un gruppo un capo è necessario ma la storia insegna che purtroppo ... fino ad arrivare ai giorni nostri (vedasi "a mia insaputa", Bond e Derivati, euro e neuro...)

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  2. Al:
    Forse "felicità" è una parola grossa, potrei dire "serenità", e la contraddizione resterebbe, non c'è bisogno di rivolgersi allo psicologo. Con "serenità" intendo uno stato di consapevolezza etica di essere nel giusto, di preferire essere così. Altrimenti, il tuo sfigato è uno sfigato per caso.

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    1. "Serenità" in effetti è più appropriata di "felicità", "benessere" forse ancora meglio, la "felicità" è un picco, una discontinuità che per sua natura non può avere lunga durata. deve terminare se vuole ripresentarsi.
      Tu dici che uno sfigato non sereno è uno sfigato per caso. Io credo che tutti gli sfigati lo siano per caso, quel caso che mescola i dna materni e paterni e crea un prodotto casuale. il benessere di quel prodotto casuale dipende molto da ciò che la società pretende da lui. Io, sfigata casuale, ho avuto una vita con ampi spazi di benessere e serenità perchè non sono mai stata sollecitata a apparire, a primeggiare in gruppi studenteschi, a essere prima in pratiche sportive, non sono mai stata umiliata perchè facevo scelte contrarie a quelle canoniche. Sono cresciuta a livorno, città aperta e tollerante, e ho trovato, da ragazza, nella scuola, insegnamenti che sviluppavano in noi studenti la riflessione, il confronto con la vita spiegata nei classici, una educazione emotiva e sociale esercitata sulle parole di grandi autori immortali e di normali professori mortali che vedevano in questa trasmissione il loro compito professionale. Sono stata una sfigata fortunata, Al, il contesto sociale in cui vivo non mi ha violentemente respinto e continua a non farlo, anche se non mi omologo. mi considera solo un po' strana. Non sempre è così, conosco personalmente persone, giovani, vissute in realtà diverse, una in america, altre nel nord italia, che hanno subito forti condizionamenti e rifiuti dal loro ambiente. Per loro la serenità è stata molto più difficile da raggiungere. per una - l'americana . è stata impossibile. solo ora che vive nelle colline toscane, di una sua attività creativa, per sua ammissione non si sente più una perdente (sinonimo di "sfigata") ma un persona eticamente nel giusto, ed ha raggiunto la serenità.
      L'argomento è molto complesso, lo so, ma mi piaceva cominciare con "sfigato" proprio per sottolineare la morte di una parola nella manipolazione riduttiva e strumentale al vantaggio di una sola parte, e l'immensità di significato che invece dovremmo difendere nell'uso delle nostre parole, che devono rimaner nelle nostre mani, non in quelle di chi le impoveriscono.
      In questo momento Saviano e Fazio stanno conducendo una trasmissione sull'importanza di ritrovare e difendere la profondità delle parole (La7). Strana coincidenza, Al, eh? strana davvero....

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