sabato 19 maggio 2012

aspettando la "molteplicità" -1-

Il post annunciato, sulla "molteplicità" sarà preceduto da una serie di note necessarie. Potranno essere pensieri staccati tra loro, magari anche dentro una stessa nota, aforismi a puntate, ma con una meta annunciata. Queste brevi note, numerate, servono a dare a me il piacere di scrivere la mattina presto, quando la casa ancora dorme e il sole comincia a dare luce alla cima dei colli intorno, e di poter interrompere quando la realtà mi costringe a interrompere. E di stare mentalmente in compagnia di Al, di Mike, di Lucia, di Paolo. di Beppe, di Angela, di Luigi. Scrivo per me ma parlo a loro. Mi aiuta a trovare un senso*.

La "molteplicità" è trattata da Calvino nelle Lezioni americane, e ripresa da un bel libro** recente, che ne parla nell'ultimo capitolo come qualità della matematica. Le considerazioni dell'autore vogliono divulgare, riuscendoci,  aspetti insoliti che uniscono argomenti matematici nella storia della disciplina. Il capitolo inizia così:«
La cura del linguaggio, la ricerca e lo sfruttamento delle possibilità che emergono da una considerazione oggettivale del linguaggio introdotta da Hilbert, sono armi potenti della matematica moderna. Linguaggi e calcoli, sinonimo di sistemi formali sono concetti matematici e sono «pedine» della matematica, da Hilbert in poi; inutilmente ha cercato di opporvisi un filosofo come Wittgenstein». E cita il capitolo Non esiste una metamatematica della Grammatica filosofica di Wittgenstein. Avverto che non ho le competenze per discutere di problemi logici, ma la presenza Wittgenstein mi permette di indicare aspetti per me significativi e importanti che riguardano la matematica. Saranno gradite segnalazioni e correzioni di errori macroscopici.

Allora: cosa non è (o è)  una «pedina” della matematica? Wittg. dice che  non lo è la Parola "calcolo":«Ho detto «Calcolo non è un concetto matematico». Questo vuol dire che la parola «calcolo» non è una pedina della matematica». Che differenza c’è tra “concetto matematico” e la parola che lo denomina? Solo la  seconda può essere una  pedina della matematica? ma se è solo un segno, perché allora farla dipendere da un concetto? E ancora, se il formalismo tratta solo segni e la loro manipolazione secondo regole fissate, perché Hilbert, nel suo Grundlagen, inizia cosi: “Noi possiamo suddividere gli assiomi in cinque gruppi; ciascuno dei gruppi esprime certi fatti fondamentali omogenei alla nostra intuizione***.” , proseguendo: "Indicheremo questi gruppi di assiomi come Assiomi di collegamento, di ordinamento, di congruenza,  delle parallele  ecc… "? Perchè  portare in ballo l’intuizione e fare riferimento a concetti come "il collegare" nel raggruppare per comodità gli assiomi in gruppi? E perchè raggrupparli?


Tornando al capitolo citato, Non esiste una metamatematica
Wittgenstein, parlando del calcolo e della fondazione dell’aritmetica, esclama: «Insegnacela: allora l’avrai fondata!» (il punto esclamativo è mio).

Tutto questo per sottolineare, da parte mia,  che un conto è essere matematici e un conto è essere insegnanti, un conto è “fare” matematica, un conto è apprenderla , un conto è studiare la matematica come strumento di alte espressioni professionali e un conto è studiarla come strumento culturale formativo. E ancora, un conto è studiarla per se stessa e e un conto è applicarla. 

______
(*) nel senso di percorso verso un obiettivo che si precisa solo con il cammino.
(**)G. Lolli, Discorso sulla Matematica
, Bollati Boringhieri, 2011
(***) il bold è mio.

2 commenti:

  1. Questo non è un commento ma una domanda: cosa è, per Wittgenstein, un "concetto matematico"?

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  2. non ne sono sicura, se Al legge spero che dia un suo parere, ma lo interpreto nel suo significato normale, cioè un concetto che esprime un ente che fa parte di almeno un sistema matematico formalizzato. il calcolo denomina un procedimento derivante dall'applicazione di determinate proprietà, ma non è un ente matematico.

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