sabato 11 febbraio 2012

il mio essere soprano

Mi addestro-alleno-esercito-canto da soprano, categoria: soprano lirico-leggero (decisamente più lirico che leggero).
Il canto sopranile appare come l'essenza della donna, nel melodramma.
È quasi sempre canto d'amore di una vergine per un amore puro, mutato poi in canto di dolore perchè un maschio - spesso il padre di qualcuno o un pretendente - ostacola il puro amore. Il canto allora si colora di conseguente pazzia (questa però è un optional) e infine di morte certa , perchè ovviamente se la donna non può essere del LUI al quale si è promessa non deve essere di nessun altro.
L'esito finale dell'addestramento al canto deve quindi mirare alla produzione di suoni angelici, con colori mutevoli ma mai scomposti - la vergine non può essere rabbiosa neanche nel dolore più acuto, altrimenti perde in verginità - però anche pieni di una esplicita rotondità sensuale e vocale perché sennò quale maschio ti avrebbe mai guardato? Tutto questo in frasi che non vanno spezzate a riprender fiato, altrimenti si perderebbe l'incanto espressivo, e che durano mediamente un tempo che se sei in apnea sott'acqua ti mandano preoccupati i sommozzatori a cercarti.

L'addestramento- lezione consiste in
- periodici periodi di corsa per fare il fiato
- un quarto d'ora di allenamenti ginnici molto strani. Un esempio? sdraiatevi per terra, mettete un grosso peso sul diaframma (in corrispondenza dello stomaco) cominciando con un mattone di quelli pieni, non un foratino, e inspirate quanta più aria potete. Espirate poi sibilando una "esse" tra i denti più lentamente che potete, facendo in modo che il peso scenda con regolarità, senza sbalzi, dall'inizio a quando siete praticamente senza ossigeno e state svenendo. Dopodiché ricominciate.
- una maestra di canto. Serve a bacchettarvi sulle nocche delle mani se barate sul "lentamente" e alla fine scoprirete il vero, tragico, significato di "lento".
- un quarto d'ora di smorfie facciali: apertura della bocca a sorriso, ad O puro, ad O con labbro superiore sceso, ad U, con sopracciglia alzate, con fronte aggrottata, con voce proiettata in maschera, in alto, all'indietro (i superacuti), con laringe abbassata, gola aperta, diaframma basso, diaframma teso ma tenuto, diaframma alto. Tutte queste smorfie, quando canti, le devi fare ma NONSIDEVONOVEDERE, MIRACCOMANDO!
- un quarto d'ora di vocalizzi da "la" sotto la chiave al "sib" dell'ottava superiore. L'ultimo vocalizzo dura cinque minuti e va fatto senza riprendere fiato. La maestra di canto ha ancora la bacchetta in mano da prima. Nascondete le nocche.
- un quarto d'ora tra vocalizzi e picchiettati che vanno dal do in chiave al fa della terza ottava superiore. I picchiettati sulla terza ottava lasciano sudati e stravolti.

A quel punto, spettinata, sudata, stravolta, con il diaframma in sciopero, la faccia deformata dalle smorfie, le nocche dolenti, senza più fiato, sono chiamata a cantare con femminile, rotonda ed esplicita sensualità "V'adoro pupille" (Cleopatra, nel Giulio Cesare di Handel) o "Caro nome" (Gilda nel Rigoletto di Verdi).

Non ci crederete, ma ci riesco due volte su tre!

4 commenti:

  1. e poi ti metti i vestiti rinascimentali rossi e il nastro dorato tra i capelli? :-)
    (bello questo colore...)

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    1. prove tecniche di trasmissione, lucia.
      non riesco assolutamente a cambiare l'orario dei commenti, alla fine mi viene voglia di tirare il mac sul muro :-)

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  2. ... e la terza che succede, che fai??

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  3. o te come l'hai saputo? volevo farti una sorpresa!
    la terza volta, mentre sono sul culmine dell'appassionato, di solito mi fermo per bere un sorso d'acqua. se invece continuo, la mimica facciale e corporea della giovane innamorata che pensa al suo "lui" è quella di un ciclista alla fine di una tappa in salita.

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