domenica 26 febbraio 2012

il ramo musicale del laboratorio


Il laboratorio*, svolto in una scuola, può essere tenuto dal solo insegnante di matematica - versione corta - con sporadiche apparizioni in classe dell’insegnante di musica. In questo caso il docente di musica, al pianoforte, presenta esempi di intervalli suonando due note insieme o una dopo l’altra, o brani interi, aiutando la lezione e la presentazione del collega di matematica. Caso diverso è quello in cui – versione lunga – entrambi i docenti svolgono un programma parallelo, nel quale, dopo la presentazione della musica come linguaggio delle emozioni e degli intervalli musicali  come strumenti di questa comunicazione emotiva, il docente di matematica si rivolge ai rapporti, alle proporzioni, alle frazioni, ecc…, applicandoli agli intervalli musicali, mentre il docente di musica, separatamente,  addestra  gli studenti ed eseguire brani vocali e strumentali che formino un percorso tra emozioni diverse comunicate attraverso una giusta composizione  musicale.
In Certosa abbiamo seguito la seconda strada, ma io ero attiva in entrambi i rami del laboratorio, affiancata egregiamente da due esperti** nel campo musicale che hanno addestrato il gruppo di studenti. Il mio apporto è stato, oltre la presenza e la partecipazione attiva, quello di ideare il percorso vocale e recitativo da proporre agli studenti. Recitativo, si, perché fare musica è anche recitazione e narrazione delle emozioni che si cantano. Era ben presente questo quando, parlando di opera, si diceva "il recitar cantando", ma oggi questo senso profondo non mi sembra rimasto nella coscienza collettiva.

A dopo, ché oggi è domenica e io son donna. i fornelli mi aspettano. E lo dico con piacere perché sono libera di sceglierli, i fornelli, se volessi continuare a scrivere potrei farlo, in casa si attiverebbe subito un uomo al mio posto. Ma per me la cucina è una attività di gruppo come la musica e l'insegnamento e mi attrae. Che ce posso fà?
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* vedi post precedenti 
**Andrea e Bruce Borrini, dell'Associazione  Culturale (no profit) Res alla  quale appartengo anch'io, rispettivamente figlio e marito, che hanno  prestato la loro opera nell'avventura, in qualità di volontariato.

venerdì 24 febbraio 2012

se questi video vi sembrano solo canzoni allora avete un problema






Dopo un lungo Prologo* informativo avevo promesso di postare i video presentati agli studenti in apertura di laboratorio, e lo faccio.
In Certosa, prima della proiezione,  ho spiegato, adattandolo all'età media degli ascoltatori - 12 anni - il contenuto del prologo. Hanno incredibilmente capito subito, e anche si sono incuriositi. 

Di seguito ho fatto vedere, come esempio di comunicazione di stati emotivi, i seguenti video (prima di caricarli è meglio finire di leggere):


1 - Simone Kermes, Dopo un'orrida procella, Griselda, Vivaldi 
2 - Cecilia Bartoli, Agitata da due venti, Griselda, Vivaldi
3 - Haka Maori
4 - Sefyu
5 -  Wazimbo, Nwahlwana


In realtà i video era di più, ma questi sono rappresentativi del discorso. Dico subito che avevo paura di rovinare tutto presentando all'inizio brani di lirica a dodicenni che avevano pratica - salvo 4 eccezioni - solo di Lady Gaga, ma la scelta ha funzionato!
Ho chiesto di prestare attenzione alla mimica facciale, al muoversi del corpo, agli occhi dei cantanti, ai salti delle note della melodia (gli intervalli), cioè alla vicinanza tra loro delle note cantate (per esempio do-re nella stessa ottava, oppure do-re con il do in una ottava e il re nell'ottava successiva) e di dirmi, alla  fine di ogni brano, che emozioni avevano provato.
I dodicenni hanno ascoltato con grande reazione, li guardavo in volto mentre passavano i suoni e le immagini, per molti di loro parlava il muoversi delle sopracciglia e il contrarsi o distendersi della loro bocca.

Qua di seguito metto il freddo elenco delle caratteristiche dei video e l'emozione rappresentata

1 - Simone Kermes:  L'AGITAZIONE
Dopo un’orrida procella
splende chiaro il ciel sereno 
che disgombra il nostro seno
 
dell'affanno, e del timor.
Così suole la fortuna
ristorare i danni suoi
vicendevoli con noi
alternando il suo rigor.

- Nonostante la serenità del testo, la musica esprime la grande agitazione lasciata nella persona dalla terribile esperienza appena passata (la procella). Le note della melodia si susseguono l’una all’altra con grandi intervalli tra loro, saltando su e giù di un’ottava e anche più.
- l’affanno viene sottolineato con un lungo vocalizzo  
- nella seconda ripetizione si levano alte le grida agitate del ricordo.
- nella terza ripetizione si cerca di mettere un po’ di leggerezza nell’esposizione del pensiero, ma senza successo, l’adrenalina riprende il sopravvento.
- durante tutta l’aria il corpo, gli occhi, gli arti, esprimono le emozioni del canto.

2 - Cecilia Bartoli: LA PAURA
Agitata da due venti, 
freme l'onda in mar turbato 
e 'l nocchiero spaventato 
già s'aspetta a naufragar. 
Dal dovere da l'amore 
combattuto questo core 
non resiste e par che ceda 
e incominci a desperar.

 Si ritrova l’agitazione, ma stavolta in una situazione che si sta vivendo, non ricordando, quindi con il colore della paura.  Gli intervalli tra le note sono meno grandi, devono esprimere il lamento, la paura e la sua paralisi, le alte grida della disperazione e del terrore, il singhiozzo del pianto e di nuovo il sussurro paralizzato del “oh Dio, oh Dio…”.
Anche in questo caso, come in tutti gli altri, ha molta importanza l’osservazione della mimica del soprano, gli occhi sbarrati, la paralisi improvvisa, ecc….

3- Haka Maori: LA POTENZA, IL CORAGGIO, LA MINACCIA 
Lo Haka Maori è una danza che esprime il sentimento interiore di chi la esegue, e può avere molteplici significati. È comunque un rituale che cerca di impressionare: si roteano e si spalancano gli occhi, si digrignano i denti, si mostra la lingua, ci si batte violentemente il petto e gli avambracci, si dà quindi un saggio di potenza e coraggio, che si ricollega allo spirito guerriero dei Maori. 
Gli intervalli musicali sono contenuti, manifestano insieme al ritmo controllo e coraggio. Si trova  anche qua l’ “ah” ricorrente della  paura, ma questa volta il controllo col quale è espresso lo rende un grido di di potenza.

4 - Sefyu: ATTEGGIAMENTI ARCAICI E GRUPPI MODERNI
Il video mostra un gruppo urbano di giovani, una banda metropolitana, che si muove accompagnata da  un brano rap.
È  interessante individuare e cogliere le somiglianze espressive con la danza haka mostrata nella diapositiva precedente. Si sottolinea in  particolare il grido “ah!” di potenza ritmato e ripetuto e i movimenti del corpo e degli arti del gruppo di  giovani.

5 - Wazimbo: AMORE GENITORIALE   E  RESPONSABILITÀ      SOCIALE
In questo ultimo brano musicale, moderno, un padre chiede ai “Signori della guerra”  di riavere indietro la piccola figlia Maria, scappata dal paese insieme alla madre per sottrarsi al massacro della guerra, e poi, dopo la morte della madre,  persa all'estero.
Si sottolinea il tracciato melodico e gli intervalli usati  per esprimere l’intensità degli affetti che muovono i gesti: l'amore, il senso di responsabilità sociale, il rifiuto della violenza, insieme alla mimica e alla voce del cantante, così diversi da ognuno dei video già presentati.
Mah, lo dicevo io che era un’impresa difficile. Però se qualcuno ha osservazione o commenti da fare li butti pure lì…
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* vedi post precedente


giovedì 23 febbraio 2012

musica e cervello

Si comincia a spargere pietruzze* affrontando il tema "musica e cervello", così ci si tiene vicino qwe il più possibile. E non aspettatevi comunque troppo da un blog di pensieri sparpagliati.

Ho cominciato il laboratorio in Certosa sventolando una  vecchia pagina del Il Sole-24,  nella quale spiccava in rosso la notizia: "Uno studio di Gazzaniga** mostra che gli studenti che suonano sono più bravi anche nelle materie più importanti". L'articolo poi spiegava come dalla ricerca di un gruppo di affermati neuroscienziati stia emergendo che  l'apprendimento musicale ha chiari effetti positivi sulle capacità di pensiero. La pratica della musica si accompagna a vantaggi cognitivi specifici: chi la  esercita dispone alla fine di strategie sofisticate per manipolare l'informazione anche non musicale e si è inoltre visto che nei bambini la pratica musicale migliora le prestazioni geometriche (ma non quelle numeriche). Ho subito aggiunto che pure chi studia matematica migliora le capacità del proprio cervello in campi anche non matematici. I piccoli studenti, alla notizia,  hanno sbadigliato, aspettando attività o notizie più coinvolgenti, e allora ho acceso il proiettore e ho  mostrato e commentato vivacemente diversi video presi da youtube.   
Per voi, invece, prima dei video, un adeguato Prologo che dovrebbe far intuire come la musica sia intimamente coinvolta nelle forme alte di pensiero legate alla comunicazione e al linguaggio. 

Prologo

È uscito recentemente il libro di un antropologo britannico*** che propone un’analisi delle origini del linguaggio che tiene conto del ruolo che la musica ha nell’evoluzione delle forme di comunicazione, e che porta a comprendere come, a un certo punto della sua storia, l’uomo abbia cominciato a comunicare linguisticamente. Considerare una forma di comunicazione non verbale quale la musica importante per la genesi del  linguaggio è a mio avviso molto positivo e importante perché impone di prendere in considerazione, nello studiare il pensiero, non solo il cervello ma anche il corpo  dell’essere umano: le sue capacità motorie, le sue emozioni, la sua anatomia, la sua interazione con l'ambiente e così via, superando in tal modo definitivamente la contrapposizione  cartesiana tra corpo e mente.
Questo lavoro si basa su una tesi di fondamentale importanza: musica e linguaggio hanno lo stesso precursore evolutivo, ovvero un sistema di comunicazione che ha caratteristiche comuni a entrambe e che, a un certo punto della evoluzione umana, ha dato vita a due diversi sistemi di comunicazione. Osservare le caratteristiche di questa forma di comunicazione prelinguistica, che Mithen chiama "protolinguaggio" ci permette di comprendere più a fondo  le caratteristiche del linguaggio odierno. Il proto-linguaggio è un sistema di comunicazione composto non da parole, ma da messaggi vocali e corporei e si presenta come:
- olistico: le espressioni  multisillabiche che lo compongono non sono scomponibili in sottounità significanti
- manipolativo: non ha lo scopo di comunicare cose sul mondo, bensì quello di spingere all’azione o di provocare particolari stati emotivi
- multimodale: coinvolge diversi moduli cognitivi ed emotivi
- musicale: la voce si articola su diversi toni a seconda delle emozioni vissute e trasmesse.
mimetico:, attraverso rapporti sinestetici e onomatopeici, imita sia i suoni naturali sia quelli dei versi animali  (n.d.r. - un esempio di mimesi: i Tenores di Bitti ; per le antichissime origini dei Tenores sardi (periodo nuragico, età del bronzo) leggere  Canto a tenore )
È interessante vedere come, da questo tipo di comunicazione, si sia passati a vere e proprie forme linguistiche e verbali di comunicazione, passaggio che contempla due movimenti: la segmentazione e la creazione di espressioni dal valore simbolico. La segmentazione consiste nello spezzettamento dei messaggi del protolinguaggio in espressioni più piccole e di valore significante che farà da base alla possibilità di costruire un significato simbolico e referenziale alle parole e di trasformare così il linguaggio  in un sistema di comunicazione composizionale.
La differenza tra linguaggio verbale e musica è che quest’ultima non utilizza simboli. Le note musicali, vale a dire le unità minime di una melodia, infatti, non rappresentano oggetti né concetti. Ma entrambi, linguaggio e musica, sono strumenti di comunicazione tra noi uomini.
La differenza fondamentale tra i due sistemi di comunicazione consiste nel loro diverso ruolo comunicativo: il linguaggio, riferendosi al mondo, serve a comunicare informazioni, mentre la musica, essendo un sistema manipolativo e non referenziale di natura olistica, ha il compito essenziale di suscitare e trasmettere emozioni. Questa comunicazione  è tanto pervasiva da riuscire a catalizzare quelle reazioni che consentono il disgregamento di un forte senso dell’io in favore di un collettivo senso del "Noi" (chi non conosce l'uso delle marce e dei canti militari, ad esempio, o dei canti religiosi?).
Mithen suggerisce l’esistenza di una complessa relazione tra la nostra corporeità e la nascita del linguaggio e della musica. Tale relazione è complessa poiché estremamente complessi sono entrambi i termini che la compongono. La nozione di corporeità, infatti, fa riferimento a un corpo che si muove e desidera, agisce e si evolve in relazione all’ambiente o in riferimento a esigenze dettate dal contesto sociale. 
Mithen ha ragione, a mio avviso,  quando  scrive che “La musica è profondamente radicata nella nostra biologia”. Il corpo infatti ha un ruolo fondamentale nella sincronizzazione motoria, nell’espressione delle emozioni e nell’intrattenimento di legami interpersonali. 
Mithen suggerisce che per comprendere l’origine di musica e linguaggio, ma anche per capire come essi funzionano, a che cosa servono e perché ne facciamo uso, bisogna tenere in considerazione l’intera anatomia umana: la musica e il linguaggio non esistono né sono pensabili se non in relazione ad un corpo che si muove, appetisce e soffre. Il fondamento di tutti i processi essenziali della musica – ma, si potrebbe aggiungere a questo punto, anche del linguaggio – va insomma ricercato nell’intero corpo umano e non semplicemente nel suo genoma o nel suo cervello.
Nella prossima puntata farò vedere i video anche a voi, che state sbadigliando come i ragazzini, vi vedo, che credete? :-)
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* vedi post precedente
**Gazzaniga è un notissimo ricercatore nel campo delle neuroscienze cognitive
***Steven Mithen, Il canto degli antenati. Le origini della musica, del linguaggio, della mente e del corpo, Codice, Torino, 2007

mercoledì 22 febbraio 2012

un mucchio di pietre cessa di essere un mucchio di pietre nel momento in cui, nel guardarlo, hai in mente l'immagine di una cattedrale

Ecco, vorrei cercare di spiegare in questo blog cosa è stato veramente il laboratorio di Matematica e Musica, e cosa potrebbe essere ancora, ma mi sento  come se vi mettessi davanti un mucchietto di pietre e pretendessi che ci vedeste la cattedrale che ho in mente io. Ma voi sarete bravi e io  cercherò di fare del mio meglio. Intanto, per cominciare, potete guardare questa presentazione, parte della mia  conferenza nel primo incontro introduttivo ai Lincei.
A più tardi.

giovedì 16 febbraio 2012

Calci e i Lincei

Nella prima pagina dedicata all'istruzione del sito dell'Accademia dei Lincei (http://www.linceieistruzione.it/)  
gli amministratori hanno scelto di mettere  tra le foto importanti e significative una istantanea del laboratorio Matematica e Musica che ho tenuto in Certosa a Calci. È la sesta delle foto in movimento in primo piano, dovete aspettare che si carichi del tutto la pagina per vederle.
Bisogna proprio che ne parli di questo laboratorio, Lucia aspetta!
Lo farò presto.

mercoledì 15 febbraio 2012

ricomincio da tre


C’era già un mio blog su Splinder, rottamato con tutto il sito il 31 gennaio scorso. Avevo la possibilità di salvarlo e trasferirlo altrove ma non l’ho fatto, per pigrizia. Mi mancano, del vecchio blog, gli amici. Pochi erano - non cerco grandi numeri, non divulgo, spesso mi piace scrivere cose pesanti e tecniche - ma buoni, come mi piaceva che fosse. Ho cercato tre amici storici con i quali ho cominciato, due di loro rottamati come me, e li ho trovati:  alessandravalorqwe lucia.
Ricomincio da loro.
(C’è anche mio fratello Gian Paolo, ma lui conta come fratello, e c'è anche  lo scorfano che conta come quello che "dai facciamo che vi raggiungo più tardi" e  thumper che "If you can't say something nice, don't say nothing at all…" e Mike che non ho ancora capito dov'è andato a finire)
Ciao, amici!

domenica 12 febbraio 2012

il mio essere prof. di matematica e studiosa di processi cognitivi e didattica della matematica


Istituto Tecnico Industriale, indirizzo Informatica, Aula Magna piena di studenti di quarta - e dei loro insegnanti - che subivano una mia conferenza sul tema “Pensiero naturale e Pensiero formale”. Mi consolava l’idea che, essendo informatici, fossero abbastanza pratici dell’uso formale del linguaggio.  Avevo da poco iniziato proponendo di risolvere il seguente semplice sillogismo condizionale:

    
Se sono in aereo non sono tranquillo
    
Sono tranquillo


… ?

e affermato che la deduzione corretta era “non sono in aereo”. Uno studente mi ha contestato la conclusione in questo modo: “E se prima di salire sull'aereo avessi preso un tranquillante? Sarei tranquillo e sarei in aereo!
[n.d.r: ottimo esempio di pensiero naturale, dopo aver attribuito un senso alle premesse, lo studente criticava la conclusione alla luce delle attività pratiche legate al contesto costruito sulle premesse stesse].
Con un sorriso professorale gli ho ricordato che se si adotta il ragionamento formale, come stavamo facendo, le premesse vanno accettate come fondamento obbligato e insindacabile sul quale costruire la conclusione, senza discuterle.
Lui ha alzato un sopracciglio  e mi ha risposto serafico: “Ma certo che accetto le premesse, sennò che l’avrei preso a fare un tranquillante prima di salire in aereo?”. Una sua compagna lo guarda con disapprovazione e sbotta: “I tranquillanti fanno male, non si possono prendere come le caramelle!

Ho capito che non sarebbe stata una passeggiata.

sabato 11 febbraio 2012

il mio essere soprano

Mi addestro-alleno-esercito-canto da soprano, categoria: soprano lirico-leggero (decisamente più lirico che leggero).
Il canto sopranile appare come l'essenza della donna, nel melodramma.
È quasi sempre canto d'amore di una vergine per un amore puro, mutato poi in canto di dolore perchè un maschio - spesso il padre di qualcuno o un pretendente - ostacola il puro amore. Il canto allora si colora di conseguente pazzia (questa però è un optional) e infine di morte certa , perchè ovviamente se la donna non può essere del LUI al quale si è promessa non deve essere di nessun altro.
L'esito finale dell'addestramento al canto deve quindi mirare alla produzione di suoni angelici, con colori mutevoli ma mai scomposti - la vergine non può essere rabbiosa neanche nel dolore più acuto, altrimenti perde in verginità - però anche pieni di una esplicita rotondità sensuale e vocale perché sennò quale maschio ti avrebbe mai guardato? Tutto questo in frasi che non vanno spezzate a riprender fiato, altrimenti si perderebbe l'incanto espressivo, e che durano mediamente un tempo che se sei in apnea sott'acqua ti mandano preoccupati i sommozzatori a cercarti.

L'addestramento- lezione consiste in
- periodici periodi di corsa per fare il fiato
- un quarto d'ora di allenamenti ginnici molto strani. Un esempio? sdraiatevi per terra, mettete un grosso peso sul diaframma (in corrispondenza dello stomaco) cominciando con un mattone di quelli pieni, non un foratino, e inspirate quanta più aria potete. Espirate poi sibilando una "esse" tra i denti più lentamente che potete, facendo in modo che il peso scenda con regolarità, senza sbalzi, dall'inizio a quando siete praticamente senza ossigeno e state svenendo. Dopodiché ricominciate.
- una maestra di canto. Serve a bacchettarvi sulle nocche delle mani se barate sul "lentamente" e alla fine scoprirete il vero, tragico, significato di "lento".
- un quarto d'ora di smorfie facciali: apertura della bocca a sorriso, ad O puro, ad O con labbro superiore sceso, ad U, con sopracciglia alzate, con fronte aggrottata, con voce proiettata in maschera, in alto, all'indietro (i superacuti), con laringe abbassata, gola aperta, diaframma basso, diaframma teso ma tenuto, diaframma alto. Tutte queste smorfie, quando canti, le devi fare ma NONSIDEVONOVEDERE, MIRACCOMANDO!
- un quarto d'ora di vocalizzi da "la" sotto la chiave al "sib" dell'ottava superiore. L'ultimo vocalizzo dura cinque minuti e va fatto senza riprendere fiato. La maestra di canto ha ancora la bacchetta in mano da prima. Nascondete le nocche.
- un quarto d'ora tra vocalizzi e picchiettati che vanno dal do in chiave al fa della terza ottava superiore. I picchiettati sulla terza ottava lasciano sudati e stravolti.

A quel punto, spettinata, sudata, stravolta, con il diaframma in sciopero, la faccia deformata dalle smorfie, le nocche dolenti, senza più fiato, sono chiamata a cantare con femminile, rotonda ed esplicita sensualità "V'adoro pupille" (Cleopatra, nel Giulio Cesare di Handel) o "Caro nome" (Gilda nel Rigoletto di Verdi).

Non ci crederete, ma ci riesco due volte su tre!

martedì 7 febbraio 2012

s'inizia male

la fatica di capire  come cavolo funziona questo blog... e scegli il modello, e personalizzalo, e bada ai colori, e all'aspetto...
sono pigra.